SCUOLA: un esercito che non deve MAI indietreggiare!

SCUOLA: un esercito che non deve MAI indietreggiare!
ultimo aggiornamento 19 November 2023
di Damiano Domenico Maria Trenchi

In un mondo in cui la parola guerra sta dominando tristemente la scena, proviamo a pensare alla scuola come un esercito, forse il migliore degli eserciti perché non possiede carrarmati, bazooka, velivoli da combattimento, proiettili di tutti i tipi, visori notturni ma semplicemente cultura, educazione, crescita, formazione, parola e sapere. Forse queste qualità, al giorno d’oggi, valgono poco perché difficili da quantificare economicamente o da monetizzare in qualche modo per cui è sicuramente più redditizio e lucrativo il mercato della guerra ed è per questo che, in generale, tutto ciò che riguarda l’istruzione passa in secondo, terzo o quarto piano per lasciare posto a notizie decisamente più d’impatto e da prima pagina.

La scuola, però, sta soffocando lentamente nell’indifferenza generale e in un contesto sociale sempre più allarmante e critico. Le scuole diventano troppo spesso degli ambienti poco produttivi dominati dal lassismo, a volte dall’incapacità, dall’unico desiderio di voler terminare la giornata e fare altro, dalla poca competenza, dalla scarsissima lungimiranza, dalla frustrazione e da tantissime altre negatività lasciate proliferare dal totale abbandono e disinteresse di un governo e di una società orientata semplicemente al “tutto e subito”, al risultato immediato, all’industrializzazione della scuola, ma si sa bene che la scuola non potrà mai diventare una catena di montaggio o una fabbrica di armi perché il progetto educativo e la crescita didattica ed educativa sono lenti, pieni di insidie e difficoltà, pieni di momenti che vanno gestiti nella loro totalità e complessità tenendo conto di tutti quegli aspetti emotivi e personali che non possono essere messi in un angolo perché parte integrante e, a volte, causa scatenante di ansie, paure, angosce, dubbi e quindi disagi educativi.

La scuola quindi è paragonabile ad un vastissimo esercito sull’orlo del precipizio che non vince mai: continua ad indietreggiare, scende a compromessi, non fa sentire la sua voce, accetta e si accontenta delle briciole pur di andare avanti, non issa nessuna bandiera, non incoraggia nella scelta, si mantiene in uno stato di oblio molto simile ad un limbo che imploderà necessariamente dal suo interno quando la scuola non dovrebbe indietreggiare nemmeno di un millimetro, dovrebbe essere sempre in prima linea a far valere i propri diritti, dovrebbe incoraggiare alla discussione, al cambiamento positivo, alla proliferazione di menti pensanti e disposte a lottare per un ideale e non per una cintura di Gucci, disposte a dire “questo va bene” e “questo non va bene”, disposte a dire “questa è un’ingiustizia quindi mi oppongo” oppure “grazie perché ci è stata tesa una mano, una possibilità di dialogo e confronto”.

Ogni volta che la scuola indietreggia e scende a compromessi è uno smacco a tutte quelle persone che in questo secolo e in quelli passati hanno lottato e dato la vita per poter abbracciare un diritto e conquistare una libertà.

Ogni volta che la scuola indietreggia e scende a compromessi è un insulto per la cultura, per le tradizioni, per le innovazioni e per il sapere che vengono messi in un angolo buio perché anticipatici e scomodi.

Ogni volta che la scuola indietreggia e scende a compromessi ci saranno una ragazza o un ragazzo che si sentiranno liberi di delinquere, di rapinare, di picchiare, di violentare, di uccidere e di fare del male perché l’odio, il risentimento, la totale mancanza di valori e di educazione finiscono per spingerci in una realtà distopica in pieno stile Mad Max.

Ecco perché anche la scuola, in un mondo in cui la corsa agli armamenti sta tornando nuovamente di moda, deve essere un esercito di anime, di cuori e di menti che si stringono la mano per proteggersi l’un l’altro, per non finire in un oblio educativo che porterà solo ad un altro capitolo triste della vita dell’essere umano perché ce lo diciamo sempre, ma non riusciamo mai ad imparare da nostri errori, ahimè!

Le insegnanti e gli insegnanti hanno il dovere, in questo momento, di sentirsi delle e dei capitani di quei soldati che indosseranno uniformi e non divise, che sapranno mettere ordine senza dover usare una pistola, che sapranno rigenerare e non sterminare, che sapranno guardare negli occhi e non pugnalare alle spalle, che sapranno essere forti ma senza usare liste di proscrizione, che sapranno rimanere saldi al proprio posto senza vendere la persona accanto per trenta denari, che sapranno avanzare includendo e non calpestando, che sapranno dire “unisciti a noi” anziché “adesso pagherai”, che sapranno gioire della vittoria e abbracciare la sconfitta come possibilità di crescita e rinnovamento, che sapranno essere persone oltreché soldati della libertà.

E allora issiamo quella bandiera bianca che non è simbolo di resa e di richiesta di compassione da parte del nemico ma di rinnovamento come se voltassimo pagina di quel quaderno pieno di appunti di cui ormai facciamo fatica a comprenderne il significato per riscrivere qualcosa che ha un preciso senso e che lascerà il segno per noi che stiamo vivendo il presente e per loro che vivranno il futuro.

Nessuna e nessun insegnante deve indietreggiare. Costi quel che costi. Non dobbiamo farlo per noi ma per mantenere viva la speranza di poter abbracciare una nuvola. Questa è la scuola che voglio e per questo bisogna diventare quell’esercito alternativo di cui nessuno mai ha parlato, forse perché la cultura spaventa più di qualsiasi fucile d’assalto.

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