EDUCATIVO o DIDATTICO? Questo è il dilemma!

EDUCATIVO o DIDATTICO? Questo è il dilemma!
ultimo aggiornamento 04 November 2023
di Damiano Domenico Maria Trenchi

Nel mondo dell’istruzione o della scuola, come preferisco chiamarlo, le tematiche dibattute sono sempre tantissime e di ogni genere perché, si sa, l’insegnante è di per sé un “pesantone” e ha sempre bisogno di dover dire la sua. E fa bene! Guai se una insegnante o un insegnante si appiattissero ad essere semplicemente degli esecutori o degli inutili yes-man perché il mondo ne è già pieno e quindi non è il caso che le nuove generazioni crescano in modo diverso, più consapevoli di quello che sono, delle strade su cui sceglieranno di camminare, consci che è più bello dire sì e no piuttosto che quel "nì" che sta prendendo il sopravvento su tutto? Ecco perché nella scuola che amo il dialogo il dialogo sull’importanza della aspetto educativo e di quello didattico non deve mai mancare.

La domanda che tutti si pongono è: quale dei due è più importante?

È una domanda da cento milioni perché è un po’ come chiedere ad un padre quale dei figli preferisca. È una domanda che mette sempre profondamente a disagio e in crisi una brava insegnante e un bravo insegnante perché è quel quesito esistenziale a cui probabilmente non si troverà mai una risposta definitiva così come non si capirà mai se sia più forte Messi oppure Cristiano Ronaldo.

L’aspetto didattico è importante e imprescindibile in una scuola che funzioni ma l’aspetto didattico non può prescindere da quello educativo: una studentessa o uno studente possono essere le persone più acculturate e preparate del mondo, ma che ne sarà di loro se a sostenerli non c’è stato quel percorso educativo invisibile, spesso oscuro, tumultuoso e turbolento che li ha messi in crisi durante il loro percorso scolastico? Già! Io credo fermamente che il percorso educativo prenda davvero forma nel momento in cui si comincia a pensare come persone e non come macchine perché le macchine hanno solo certezze e percorsi preimpostati mentre le persone camminano su percorsi volubili, cangianti, a volte colorati, a volte in bianco e nero, ma che permettono a quelle stesse persone di diventare ciò che vorranno essere. L’aspetto educativo è un dedalo infinito che non ha un vero perché e un vero scopo, e forse è proprio questo che spaventa di più la razionalità e la logica della didattica, più sicura, più tranquilla, più prevedibile e, in certi casi, tremendamente patetica e frivola. L’aspetto educativo è quello che guarda dentro gli occhi di ogni studentessa e di ogni studente senza avere la necessità di controllare tutte le possibili reazioni perché è proprio il superamento di una difficoltà, l’affrontare un problema che non vuole proprio saltare fuori, il rispondere ad una domanda, il porre la domanda giusta al momento giusto che permetteranno a quella studentessa e a quello studente di voltare pagina, di mettere un punto ad una storia triste, di leggere una situazione in un modo diverso, di capire che nessun libro di storia, di italiano, di geografia, di matematica, di scienze e di qualsiasi altra materia potrebbe mai valere quell’abbraccio o quella mano tesa in un momento di grande bisogno. Nel 2023 si cerca di razionalizzare tutto, di scrivere protocolli su protocolli, documenti su documenti, ma spesso si dimentica quella componente umana che le ragazze e i ragazzi di oggi hanno disperatamente bisogno perché sono consapevoli che davanti a loro c’è una scala, la vedono e non vedono l’ora di salirci per cominciare la più bella avventura della loro vita, ma sono spaventati e questi spaventi si tramutano, ahimè, troppo spesso ormai, in paure che scuriscono lo sguardo, che ingobbiscono la schiena, che consumano il cuore fino ad esaurire anche quell’ultimo granello di energia rimasto e allora forse è il caso, qualche volta, di sostituire un’equazione con "ce la puoi fare", una comprensione scritta con "dimmi di te", un esperimento in laboratorio con "puoi contare sul mio aiuto", un disegno tecnico con "io credo in te".

Troppo spesso l’insegnante si dimentica quello che è stato, quello che ha vissuto e quello che, magari, avrebbe voluto essere buttandosi su una didattica che non conosce confini quando potrebbe semplicemente pensare ai momenti felici che ha trascorso e a quelli che avrebbe voluto trascorrere.

Eppure già secoli fa Dante aveva trovato una soluzione brillante parlando della teoria dei due Soli dicendo che Chiesa ed Impero vivono di luce propria avendo fini diversi ma scopi uguali. Ripropongo, a distanza di centinaia di anni, una semplice parafrasi del pensiero di uno dei più grandi: educazione e didattica brillano di luce propria, hanno fini diversi ma uguale scopo: le nostre studentesse e i nostri studenti.

Perché chiedere "come stai?" o "tutto bene?" ad una studentessa o una studente quando entra scuola o in qualsiasi momento della giornata può fare la differenza, più di un dieci in pagella, più di una lode, più di qualsiasi medaglia.

E così deve essere.

Amen!

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